Paolo Ziliani: “Quando Moratti assumeva Mourinho e i tromboni si stracciavano le vesti…”

MILANO – Riproponiamo due articoli a nostra firma pubblicati su questo sito a fine-maggio, inizio-giugno 2008. Erano i giorni del cambio di panchina all’Inter, panchina che per volere di Moratti passava dalle cure di Roberto Mancini, fresco vincitore di uno scudetto, a quelle di Josè Mourinho, fresco di fine-rapporto al Chelsea. Benchè siano passati solo 24 mesi, salire sulla macchina del tempo e andare a riassaporare il clima che accompagnò la decisione di Moratti è a dir poco istruttivo. Perchè adesso sul carro del vincitore sono saliti tutti, ma due anni fa l’indignazione per il ribaltone voluto da Moratti dilagava. Ed erano in pochi a pensare che l’Inter, passando da Mancini a Mourinho, stesse facendo l’affare della vita…

(Martedì, 27 Maggio 2008) Alzi la mano chi non ricorda cosa dissero, i giornalisti di casa nostra, quando un anno fa il presidente del Real Madrid, Calderon, cacciò Capello pochi giorni dopo la conquista del titolo spagnolo non contento del gioco (pessimo) esibito dal Real per tutta la stagione. Calderon venne trattato dai media italiani come lo scemo del villaggio, un mezzo deficiente incapace di intendere e di volere; e le ironie e gli sfottò sul suo conto si sprecarono. Uno che metteva alla porta un vincente come Capello per affidarsi a un carneade (della panchina) come Schuster era destinato a una ben misera fine. “Ne riparliamo in autunno, quando il Real Madrid giocherà bene e perderà le partite”, fu il commento più benevolo che i commentatori italioti – famosi nel mondo per il loro acume e le loro larghe vedute – consegnarono ai posteri.

Come sono andate, invece, le cose? Per lo scorno dei tromboni di casa nostra, il Real Madrid guidato da Schuster ha vinto il campionato in carrozza, giocando bene, spesso benissimo e facendo dimenticare a tutti le “panolade” della stagione 2006-2007 e quel Capello che rispondeva col dito alzato alle contestazioni, frementi e feroci, dei tifosi madrileni. E se in Champions anche Schuster si è dovuto fermare agli ottavi (eliminato dalla Roma: Capello uscì per mano del Bayern), non c’è dubbio che la stagione del Real sia stata, in confronto a quella passata, un paradiso. Tifosi che andavano felici allo stadio, la Liga vinta a mani basse, spettacolo e gol: niente a che vedere con la nausea che accompagnò le esibizioni del Real di Capello dalla prima all’ultima domenica della stagione 2006-2007.

Abbiamo ricordato l’episodio per dire con chiarezza, e senza tanti giri di parole, che Moratti – che alla fine della telenovela ha cacciato Mancini sostituendolo con Mourinho – non solo ha agito bene: ma ha agito benissimo. Soltanto per i tromboni di casa nostra, infatti, le 4 stagioni di Mancini all’Inter possono essere considerate positive. Mancini passerà alla storia (del pallone) come l’allenatore capace di vincere 3 scudetti consecutivi all’Inter dopo un lunghissimo digiuno: ma in realtà il suo solo merito è stato quello di trovarsi seduto sulla panchina giusta al momento giusto (sic), ovverosia nell’anno dell’esplosione di Calciopoli. Se la procura di Napoli avesse intercettato Moggi e i suoi ladroni ai tempi di Cuper, e se i giudici avessero mandato la Juve in B e penalizzato il Milan nell’estate del 2002, l’Inter di Cuper avrebbe vinto lo scudetto a tavolino e avrebbe vinto, con le mani in tasca, il ridicolo campionato del dopo-sentenze. Se la procura di Napoli avesse intercettato Moggi e i suoi ladroni ai tempi di Simoni, e se i giudici avessero mandato la Juve in B e penalizzato il Milan nell’estate del 1998, l’Inter di Simoni avrebbe vinto lo scudetto a tavolino e avrebbe vinto, fischiettando, anche il campionato-burla del dopo-sentenze.

Insomma: dei 3 scudetti conquistati da Mancini, 2 li avrebbe vinti anche Elisabetta Canalis, se fosse stata in panchina. Questa è la pura e sacrosanta realtà.

In quanto al fronte internazionale, tra i grandi club europei che si sono dati battaglia in questi ultimi 4 anni in Champions League (li citiamo: Manchester, Chelsea, Liverpool, Arsenal, Real Madrid, Barcellona, Valencia, Milan, Inter, Juventus, Roma, Lione, Bayern, Psv), la squadra in assoluto più deludente e l’allenatore in assoluto più scarso sono stati l’Inter e Mancini (al secondo posto, distanziati di qualche lunghezza, la Juventus e Capello). E sfidiamo chiunque a negare l’evidenza. Il cammino europeo dell’Inter di Mancini, una corazzata di campioni, assomiglia molto a una Via Crucis: e la Champions, per Moratti e per i tifosi, è stata un vero Calvario. Se l’Inter di Cuper era riuscita a dare filo da torcere al Milan di Ancelotti (poi vittorioso a Manchester), eliminata in semifinale dopo 2 equilibratissimi pareggi, l’Inter di Mancini, al primo tentativo, si fa spazzare via dal Milan, ai quarti, con un 2-0 all’andata, un 3-0 (a tavolino) al ritorno e l’indegna gazzarra del razzo in testa a Dida e dell’arbitro assediato a fine gara. Secondo giro, secondo regalo: a far fuori l’Inter, nel 2005-2006, è nientemeno che il Villareal: che sarebbe come se il Barcellona si facesse eliminare dall’Udinese (e chiediamo scusa all’Udinese). L’Inter vince 2-1 a San Siro e nel ritorno, a Villareal, perde 1-0 non passando mai, letteralmente, la metà campo. Giornata storta? Macchè. Passa un anno ed ecco che l’Inter accede agli ottavi e trova il Valencia. Poiché a San Siro finisce 2-2 (con gol di Cambiasso in fuorigioco), a Valencia bisogna assolutamente vincere: ma tutto quel che Mancini riesce a combinare, con Burdisso a centrocampo, è ripetere l’esibizione di Villareal. Finisce 0-0 con maxi-rissa finale e pioggia di squalifiche per Burdisso, Cruz, Maicon, Cordoba. Una figuraccia.

Quel che è successo al 4° tentativo è storia di ieri. L’Inter va agli ottavi, trova il Liverpool e riesce nell’impresa di giocare sia l’andata (2-0 per i Reds) sia il ritorno (1-0 per i Reds) in 10 uomini per l’espulsione, per doppia ammonizione, di Materazzi ad Anfield Road e di Burdisso a San Siro. Per la cronaca: la storia dell’Inter che finisce le partite in 10 perché i suoi giocatori (se non sono Burdisso o Materazzi, sono Vieira e Pelè) non sono capaci di controllare gli istinti belluini è stato un altro, triste, inspiegabile tormentone dell’ultima stagione targata-Mancini.

Insomma: Moratti si libera del peggiore allenatore visto in Europa negli ultimi 4 anni, ingaggia Mourinho e i tromboni di casa nostra si stracciano le vesti. Domanda: ma in che mondo viviamo? Mourinho sarà anche il Grande Antipatico che noi italioti, campioni del mondo dello Stereotipo, amiamo dipingere, ma sarà il caso di ricordare che alla guida del Porto (una barchetta tra i transatlantici) il buon Josè vinse in due anni una Coppa Uefa e una Champions League (3-0 in finale al Monaco), oltre a scudetti, coppe e supercoppe; mentre in Inghilterra, dopo aver vinto due titoli consecutivi che il Chelsea non vinceva da 40 anni sottomettendo Manchester United, Arsenal e Liverpool, è stato estromesso da una finale di Champions solo per un clamoroso gol fantasma che ha deciso la semifinale col Liverpool (0-1, gol-non gol di Luis Garcia convalidato da Michel), Liverpool che poi trionferà nella finale di Istanbul contro il Milan.

Fossimo nei tifosi dell’Inter, alla notizia che Moratti ha cacciato Mancini e ha ingaggiato Mourinho faremmo salti alti così. Ma il mondo è bello perché è vario e Moratti, adesso, passa per il grande Sacrilego. Sarà… Noi comunque ci sbilanciamo: scommettiamo che l’Inter, fin da subito, smetterà di rimediare figuracce in Europa e che presto riuscirà a portare in via Durini la coppa con le orecchie?

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(Mercoledì, 4 Giugno 2008) Sapete quanti anni aveva Josè Mourinho quando l’Inter vinceva la sua seconda e ultima Coppa dei Campioni? Meno di un anno e mezzo. Per l’esattezza 1 anno e 4 mesi, che tradotto in giorni fa 485, ora più ora meno. Quando l’Inter di Angelo Moratti, il 27 maggio 1964, superava il Benfica 1-0 nella finale di San Siro (con gol di Jair), il piccolo Josè aveva il ciuccio in bocca, camminava appena e diceva a stento mamma. Quattro mesi prima, il 26 gennaio, papà Felix (ex portiere del Vitoria Setubal) gli aveva messo davanti una torta con un numero 1 di cioccolata, una candelina accesa e gli aveva detto di soffiare. Il piccolo Josè non c’era riuscito. O forse, non sapeva come si faceva.

Per fortuna Josè Mourinho era antipatico, arrogante, presuntuoso. Perché se un individuo di questa risma, urtante, sbruffone e spocchioso, uno sul conto del quale le ironie dei giornalisti italiani si sono sprecate per anni, nel giorno della presentazione ufficiale dice che l’aggettivo speciale non va usato per lui – lo Special One per eccellenza -, ma per il club Inter, allora è il caso di chiedersi se la favola del Grande Antipatico che ci hanno ammannito era una bufala: una Bufala con la B maiuscola che i media di casa nostra hanno fatto circolare senza nemmeno sapere di cosa cianciassero.

Quando l’Inter vinse l’ultima cosa veramente importante della sua storia, Mourinho aveva 1 anno e mezzo. E se da allora sono passati qualcosa come 43 anni, il sospetto è che chi è stato all’Inter – in questo “quasi” mezzo secolo – non abbia combinato nulla di buono: non i presidenti, non i giocatori, non gli allenatori. E adesso che sul conto di Mourinho gli sprezzanti critici di casa nostra si sono ricreduti, folgorati come San Paolo sulla via di Damasco (e dire che sarebbe bastato vedere una sua qualunque conferenza-stampa prima o dopo una partita di Champions per sapere che tipo fosse) ora che la fila per salire sul suo carro è lunga chilometri, sarà il caso di ribadirlo: avrà commesso un’infinità di errori, Moratti, nei suoi 12 anni di presidenza dell’Inter, ma non certo quello – per cui l’Italia si è stracciata le vesti – di preferire Mourinho a Mancini. Che sarebbe come dire preferire i Beatles ai Finley, Manzoni a Moccia, Fellini ai fratelli Vanzina.

A dirlo sono i risultati: Mancini, che sulla panchina dell’Inter è stato seduto negli ultimi 4 dei 43 anni senza vittorie in Champions, in campo europeo è stato un disastro. Se è vero, com’è vero, che la Champions è la Scala del calcio e che per un allenatore vincere o far bene in Champions è come per un tenore trionfare o essere applaudito alla Scala, Mancini non passerà certo alla storia come il Pavarotti delle panchine europee del quadriennio 2004-2008. Magari sarà stato bravo a vincere a Castrocaro (leggi Coppa Italia); magari sarà stato bravo a vincere a Sanremo (campionato) perché una volta Toto Cutugno aveva la bronchite e un’altra hanno squalificato Pupo che aveva preso 20.000 voti più di lui; resta il fatto che presentatosi 4 volte alla Scala del calcio, per 4 volte il Pavarotti di Jesi ha steccato (e ricevuto pernacchie).

Dice: poverino, aveva un presidente tirchio, giocatori scarsi e una squadra ridicola. Sarà, ma a noi non sembra. Semmai noi ricordiamo un Hiddink che alla guida del Psv Eindhoven a momenti non sbatte fuori il Milan di Kakà in semifinale, con Park, Cocu e Vennegor of Hesselink (non abbiamo detto Ibrahimovic!); semmai noi ricordiamo un Pellegrini (avete capito bene: Pellegrini) che alla guida del Villareal, che è come dire una cinquecento, dopo aver fatto fuori l’Inter di Mancini manca la finale di Champions solo per un rigore fallito da Riquelme al 90′ della semifinale con l’Arsenal. Mancini, invece, alla guida della sua Ferrari si è presentato al via di 4 Gran Premi e alla seconda curva era già fuori. La colpa? Degli altri, naturalmente.

Il calcio, come il mondo, è bello perché è vario: ma che milioni di tifosi dell’Inter abbiano vissuto giorni di isteria collettiva perché Moratti aveva deciso di disfarsi di Mancini per ingaggiare Mourinho, è un episodio da passare di peso alla serie televisiva “Ai confini della realtà”.

Comunque, tutto è bene quel che finisce bene. Letti i giornali del 4 giugno 2008, la notizia è che Mourinho non è poi quel cretino che tutti credevano.

fonte: paoloziliani.it

La Redazione di Calciomercatonews.com

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