Paolo Maldini a 360° gradi: “Il mio miglior avversario è stato Maradona. USA ’94? Unico rammarico della mia carriera”

Paolo Maldini

Ai microfoni di Gazzetta TV si confessa Paolo Maldini, leggenda del Milan e della Nazionale Italiana. Tanti i temi toccati dall’ex capitano rossonero: “Ricordo quando ero un giovane atleta che si affacciava alla rpima squadra. Il mio esempio? Franco Baresi, silenzioso in campo, parlava con le prestazioni“. Non solo passato, ma anche presente: la crisi del Milan raccontata da chi, il rossonero, lo ha vissuto sottopelle.”Sono cambiati i tempi. Una volta non c’era la televisione in camera, c’erano carte, biliardo e ping pong. Cementare un gruppo era facile. Una delle forze del Milan e dei club con un certo passato, è proprio la tradizione: ora si sente poco“.

La leggenda di Paolo Maldini, però, come tante, nasce sui campi di periferia, con uno stimolo particolare: “Non avevo pressione mediatica da ragazzo, ma nei campetti di periferia sentivo le voci dei papà della squadra avversaria. E’ stato uno stimolo, una volta arrivato in prima squadra, è stata la mia forza, e Liedholm ci ha creduto. Nils mi ha allenato a sedici anni, e mi tranquillizava, poi ho avuto Capello che mi ha reso professionista e Sacchi con il quale, nell’era Berlusconi, abbiamo fatto il salto di qualità. Nel momento migliore ho ritrovato Capello che mi ha responsabilizzato, poi Zaccheroni che mi ha dato degli input positivi e mi ha anche cambiato ruolo, facendomi fare sia il centrale che il terzino. L’esperienza con Ancelotti? Perfetta sotto il punto di vista della tempistica. In Nazionale, quando fui capitano con mio padre in panchina, ammetto che c’era imbarazzo da parte mia e forse da parte dei miei colleghi. Si supera mettendoci la faccia, sapevo di non aver rubato niente“.

Dal cassetto dei ricordi, Paolo Maldini parla delle emozioni vissute con la maglia del Milan: “La mia prima partita importante? Il primo scudetto e la partita finale, da vincere, contro il Napoli. Maradona è stato un bell’avversario, sempre stato picchiato dagli avversari, ma avversario simpatico e chiacchierone. Arrivava sempre con qualche doloretto, ma ad inizio partita, anche sul piano fisico, era incredibile. Ronaldo, quello dell’Inter a 21 anni, e Zidane sono stati altri grandi avversari. Le mie stagioni migliore? 2002-2003 e 2003-2004, le migliori a livello di forza. Ho giocato 19 partite di Champions, vincendo Coppa Italia e Champions League: è stato un segnale importante per me. In campo ho litigato con tanti: Berti, Mutu, Materazzi. Anche io sono un uomo, il sangue sotto pressione corre. Falli cattivi? A volte ne ho fatti, lo ammetto, ma una volta mi è andata male: volevo entrare su Aldo Serena e colpii Franco Baresi”.

Non solo Milan, ma anche la Nazionale, con una rivelazione speciale :”Altra pressione la sentii con l’Under 21 di Vicini, ad Italia ’90. Quello era un Mondiale particolare, Roma era il nostro fortino. Cambiare città ci ha destabilizzato, e giocare contro Maradona a Napoli è stata la cosa peggiore che ci potesse capitare. La finale giusta per Italia ’90? Italia Germania”.

In finale, però, Paolo Maldini ci è stato, ed a quella storia è legato l’unico rammarico della sua carriera: “Sono andato vicino alla vittoria anche ad USA ’94, ma se lo avessimo vinto in casa il Mondiale, sarebbe stato speciale. Negli USA non si poteva fare un doppio allenamento, e giocare ad alto ritmo con quel clima, era impossibile: ci siamo adattati pian piano, rischiando l’eliminazione. Giocare una finale? Una volta che ci arrivi, è stupendo, ma la tensione se non la controlli ti può ammazzare. Si giocava alle 12:30 di Los Angeles, c’era una preparazione inusuale, ma arrivarein uno stadio da centomila spettatori e giocare il Mondiale, magari sperando che Franco Baresi recuperasse, è stata una grande emozione. E’ forse l’unico rammarico della mia vita. Il mio ultimo Mondiale, quello del 2002, non ho giocato bene, peccato. Fu anche una delle poche volte che reagii male in conferenza stampa, mi diedero del raccomandato. Una volta che smetti, il rispetto rimane: in tanti hanno capito che persona sono. Quale partita vorrei rivivere? Il mio esordio, a sedici anni: ero parecchio emotivo, ed il mio ingresso è stato un altro segno della grande intuizione di Nils Liedholm.”

Matteo Maria Munno – calciomercatonews.com

 

 

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