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Juventus-Inter, Maicon senza dubbi: “Per 45 minuti li abbiamo massacrati!”

JUVENTUS-INTER MAICON – É successo quando per due volte nel giro di un minuto Samuel Eto’o ha graziato la Juve e i suoi sopraggiunti affanni di una notte da padrona: lì, in quel momento, le spie sul cruscotto di Leonardo si sono accese tutte insieme. Prima un tocco tutto sommato comodo, a porta spalancata, schizzato via a stamparsi sulla traversa e a seguire, di lì a poco, una girata davanti a Buffon cincischiata, con il pallone lasciato a saltellare innocuo, in un’area che improvvisamente aveva annusato forte l’odore della paura.

Proprio lui, Eto’o: l’uomo che di solito non perdona e prima di ieri sera non aveva perdonato 15 volte. Ecco, a quel punto si è capito definitivamente che l’Inter si era proprio ingolfata, come se la Juve le avesse mescolato acqua alla benzina, nel serbatoio. Maicon ammette: «Loro hanno meritato la vittoria, però noi abbiamo spinto sino alla fine e nel secondo tempo li abbiamo massacrati e costretti a stare tutti indietro, anche in dieci. Quel secondo tempo ci ha confermato la nostra forza. Ora la partita di mercoledì è decisiva: se vinciamo a Firenze possiamo pensare ancora allo scudetto».

Accostare, prego: con un motore così, come quello di ieri sera, non si sorpassa il Milan. Perché stavolta ha iniziato a lampeggiare anche un led nuovo e le altre luci, quelle già accese, sono rimaste lì, color rosso allarme. Certi ingranaggi, si sa, fanno rumore dall’inizio di novembre: dopo l’infortunio di Samuel -questo dicono i numeri -in campionato l’Inter non ha smesso di subire gol (tranne una volta) e la parte posteriore del motore ha continuato a battere in testa. Anche quando, con Leonardo, si è ricominciato a vincere: con lui nove partite e 14 gol incassati, con una tregua solo a Bari. In Italia, con numeri così, difficilmente si vince lo scudetto, tanto più in rimonta. Ma se la sfida dell’Inter capitolo secondo, ovvero rischiare qualcosa in più dietro per colpire un po’ più davanti, era stata vissuta sul filo fino a ieri, ecco che stavolta la squadra di Leonardo su quel filo ha perso l’equilibrio: si sono inceppati troppi ingranaggi tutti insieme, anche quelli che erano diventati uno scudo senza crepe, ovvero i 24 gol segnati in otto partite, mai una volta senza segnare. Cascate di occasioni tracimate in un fiume di pericolosità offensiva che proprio nella notte del crocevia -un altro segnale, oppure tutto da rifare -si è come prosciugato. Dalla sorgente, lì dove Thiago Motta è stato il simbolo di una fatica sudata da tutti, e non solo i difensori centrali: da un Maicon più grigio del solito al Kharja più balbettante da quando ha la maglia nerazzurra, a uno Sneijder da crisi di rigetto dopo il decollo coinciso con il rientro post infortunio. A Pazzini e Eto’o, ovviamente: anche per loro è stato un continuo, inutile, frustrante andare in salita e sbattere contro un muro, cercando uno spunto, uno spazio, una palla pulita. Eppure la chance per girare la chiave e riaccendere la macchina c’era anche stata. Ma non è bastato neanche quel semi-assist di Maicon per Eto’o: «Ci sono partite -dice il brasiliano -in cui la palla non ne vuole proprio sapere di entrare».

Fonte: Gazzetta dello Sport

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