Fair Play finanziario, chi se ne frega? I 3 modi che i club usano per aggirare la normativa Uefa

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EDITORIALE FAIR PLAY FINANZIARO – Tante parole, una regolamentazione cavillosa che in realtà nessuno rispetta: in definitiva è questo ciò che emerge studiando attentamente la disciplina del Fair Play finanziario, progetto introdotto nel 2009 dal Comitato Esecutivo UEFA – in seguito alla faraonica campagna acquisti del Real Madrid – che sulla carta avrebbe far dovuto estinguere i debiti delle società e di indurle all’auto-sostenimento. Come si legge dal sito Uefa.itIl fair play finanziario è già iniziato nel 2011. Da allora, le squadre che si qualificano per le competizioni UEFA devono dimostrare di non avere debiti insoluti verso altri club, giocatori e autorità sociali/fiscali per tutta la stagione. In altre parole, devono dimostrare di aver pagato i conti. Da questa stagione (2013/14), i club devono anche garantire di non avere perdite, ovvero di non spendere più di quanto guadagnano”. Ovviamente vi sono degli iter precisi che l’Organo di Controllo Finanziario dei Club (CFCB) deve seguire prima di applicare sanzioni ufficiali. “I club possono spendere fino a 5 milioni di euro in più di quanto guadagnino ogni anno” rispettando i seguenti limiti: 45 milioni di euro per le stagioni 2013/14 e 2014/15, e 30 milioni di euro per le stagioni 2015/16, 2016/17 e 2017/18; successivamente gli importi si abbasseranno a cifre ancora da stabilire. Sanzioni? Si comincia con un avvertimento quindi un richiamo, multa, sottrazione di punti per poi arrivare alla squalifica da competizioni UEFA e revoca di titoli. Tra il dire il fare c’è però di mezzo un oceano visto che fino ad ora i club spendaccioni hanno fatto il bello e il cattivo tempo sborsando milioni su milioni come se si trattasse di caramelle.

Ci sono moltissimi club che se ne fregano altamente dei limiti imposti. Nella stragrande maggioranza dei casi si è di fronte a società controllate dagli arabi, i tanto famosi sceicchi che quando vogliono un giocatore mettono sul piatto x milioni di euro dove x è pari alla richiesta di una certa squadra raddoppiata se non triplicata. Alcuni esempi: il Psg, il Barcellona, il Manchester City. Inseriamoci pure il Real Madrid anche se (per ora) non ci sono tracce di turbanti dalle parti del Bernabeu. Esistono molti modi per aggirare il Fair Play finanziario e il più praticato è senza dubbio quello che si basa sulle sponsorizzazioni. Nel caso del Paris Saint Germain, decisiva è la Qatar Tourism Autority, sponsor capace, secondo la stampa francese, di versare alla società 700 milioni in 4 anni. Il Barça con la Qatar Foundation prima e la Qatar Air Line poi è “indietro” ma riesce a districarsi bene. Arriviamo poi ai citizens e l’accordo con Etihad che garantisce 400 milioni per 10 anni. Ah: notare bene che i bilanci di queste squadre, senza sponsor, erano color rosso sangue.

Diamo un’occhiata alla tabella tratta da Sport Extra: i ricavi di alcuni club sono mostruosi, lontani anni luce dagli standard italiani. Il Real Madrid arriva alla faraonica quota di 518,9 milioni di euro (probabilmente mentre state leggendo sarà ulteriormente aumentata) fra diritti televisivi, biglietti venduti per le partite casalinghe e merchandising. Seguono Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco. Il Psg non è ancora fra le prime in fatto di ricavi ma presto, si deduce, entrerà di prepotenza in questa classifica. Il punto è il seguente: se i club in sostanza possono spendere quanto guadagnano, con risultati simili è come se il Fair Play non esistesse. Un rientro di più di 500 milioni di euro equivale a dire che è possibile spendere anche 400 milioni di euro.

Se poi proprio un club non vuole affidarsi né allo sponsor né a questa specie di cavillo rintracciabile nel regolamento del Fair Play finanziario c’è sempre la terza strada: far finta di niente. Volete che un club come il Psg formato dai vari Ibrahimovic, Thiago Silva, Cavani e via dicendo, venga sanzionato e escluso dalle competizioni europee? Più facile che sorte simile tocchi al Malaga o all’Anzhi

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