INCHIESTA – Lotito Re di Roma: così il presidente ha salvato e rilanciato la Lazio

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Lotito vattene’, ‘Lotito ladro di sogni’, ‘Libera la Lazio’ e ancora ‘Te ne devi andà’, ‘Lotito vattene a Salerno’: questi sono soltanto alcuni dei messaggi esposti allo Stadio Olimpico dai tifosi della Lazio all’indirizzo di Claudio Lotito nel pre-partita della sfida contro la Juventus. Siamo nel febbraio 2013 e il clima attorno alla società biancoceleste è paradossale perché nonostante il contestato patron abbia ereditato nel 2004 un club pieno di debiti e sia riuscito con tanta fatica a riportarlo alla normalità, la piazza ha deciso di non rivelarsi magnanima. Per i comuni mortali il motivo di tanto astio è inspiegabile visto e considerando che in nove anni di gestione Lotito i capitolini hanno alzato al cielo tre Tim Cup, una Supercoppa Italiana e diversi piazzamenti europei. Senza considerare il sacrificio fatto dal tanto odiato presidente che tutt’oggi permette ai contestatori di poter ammirare la Lazio nella massima serie.
DA LOTITO SALVATORE… – Nel 2002 l’allora numero uno biancocelste Cragnotti e la sua società, Cirio, sono vittime di problemi finanziari: il club è costretto a vendere i giocatori più importanti per aggiustare un bilancio sempre più in crisi. Intanto la Lazio viene controllata per due anni dal gruppo bancario Capitalia con Ugo Longo alla presidenza: non basta perché nell’estate 2004, nonostante ben due aumenti di capitale grazie alla generosità dei tifosi, la società rischia la bancarotta. Qui si inserisce l’imprenditore Lotito che nel luglio 2004, dopo un accordo con Capitalia, acquista le azioni del club e ne evita il fallimento a seguito di una transazione con l’Agenzia delle Entrate per la rateizzazione in 23 anni del debito IRPEF accumulato dalla S.S Lazio con il Fisco (debiti fiscali, ricordiamolo, che pesano sul bilancio della società la bellezza di 150 milioni di euro). Dopo aver trovato l’accordo con il Fisco, nel 2005 arriva quello con l’Agenzia delle Entrate: la Lazio in tal modo è salva. L’applicazione della Legge 178 dell’8agosto 2002 consente alla Lazio di evitare il peggio. In sintesi, l’1aprile di ogni anno il club capitolino deve pagare una rata di 6 milioni di euro al Fisco: nel primo questa ammonta a 8 milioni mentre in un altro qualsiasi dovrà essere doppia (12). A margine della complicata operazione resta celebre la frase di Lotito: ‘Ho preso questa squadra al suo funerale e l’ho portata in condizioni di coma irreversibile. Spero presto di renderlo reversibile’. Frase e vicenda che evidentemente non sono chiari a diversi esponenti del tifo laziale. Oltre alle magagne con l’Agenzia delle Entrate, Lotito deve mettere in conto anche debiti di 150 milioni relativi a svariati costi di gestione (tra cui stipendi non pagati): per risolvere questo secondo nodo, il neo presidente istituzionalizza un nuovo, esaustivo, metodo.
… A LOTITO VATTENE – Dal paradiso all’inferno, il passo per Lotito si è rivelato più breve del previsto. I supporters biancocelesti ben presto non si accontentano più di avere bilancio sano e conti in regola: come tutti i tifosi vogliono sognare, competere per titoli prestigiosi e, possibilmente vincere. Ma il calciomercato non accontenta i palati fini della piazza e i modi rigorosi e ferrei del presidente, giustificati da quanto detto in precedenza, vengono giudicati troppo autoritari. Come se non bastasse Lotito viene presto additato come il capro espiatorio di ogni magagna: dagli scarsi risultati sul campo agli esoneri irresponsabili di troppi allenatori, dal mercato deludente alla gestione insensibile della Lazio. In realtà la situazione appare più semplice del previsto: ‘Una squadra di calcio? Va gestita da manager, esattamente come un’impresa’ dichiarò Lotito poco dopo l’acquisto del club capitolino. E di fatto la Lazio è stata gestita esattamente in questo modo. Non un euro gettato al vento, saldo rigorosamente sotto controllo e niente spese pazze soltanto per compiacere le ingordigie dei tifosi più accesi. Alle intemperanze dell’Olimpico, in occasione della contestazione contro la Juventus del febbraio 2013, Lotito ha risposto in modo chiaro e secco: ‘La società non è scalabile, è il messaggio che dò a chi vuole che venda. Ho dotato la società di una televisione e di una radio ho ristrutturato tutta Formello, la società ha il ranking più alto per il settore giovanile, abbiamo vinto due Coppe Italia, una indimenticabile che passerà alla storia ed infine una Supercoppa. C’è una regia chiara che sta cercando di spingermi a vendere la società, ma tutti questi che contestano devono farsene una ragione perché io la società non la vendo, anzi la lascerò a mio figlio. Le critiche sono bene accette, ma in questa contestazione c’entra poco lo sport. Con i debiti che aveva la Lazio non si sarebbe nemmeno potuta iscrivere quando l’ho presa io: abbiamo vinto delle competizioni, siamo stabilmente nelle coppe europee, abbiamo i conti a posto al contrario di altri club. Cosa si può imputarmi? Io faccio il presidente-tifoso, non il tifoso-presidente. Cosa contestano? Ho salvato questa squadra dal fallimento, ho fatto dei miracoli’.

 

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I MOTIVI DELL’ODIO – In sostanza, come può la tifoseria contestare una squadra che, nel caso della Lazio, è stata salvata miracolosamente dal fallimento ed è tornata negli ultimi anni a competere per le posizioni nobili del calcio italiano? Prima di tutto abbiamo accennato della gestione Lotito; per effetto di ciò il club biancoceleste è sempre stato trattato come un’impresa. Il che significa taglio a qualsiasi spesa inutile comprese quelle in conflitto con gli interessi di un’ampia fetta di supporters. Innanzitutto con Lotito termina l’era dei biglietti omaggio in massa recapitati a diversi gruppi di tifosi che fino a quel momento ne avevano fatto ampio uso: pare che in passato, a causa di questo, ogni partita casalinga portasse alla Lazio un mancato ricavo di varie decine di migliaia di euro. Inoltre il presidente laziale pensa bene di mettere a pagamento il marchio SS Lazio per evitare il mancato incasso relativo alla voce merchandising non ufficiale. Come se non bastasse Lotito ha ridotto al minimo ogni spreco: dall’utilizzo dell’illuminazione di Formello al pugno duro sugli ingaggi dei giocatori. Per gran parte della tifoseria biancoceleste Lotito diventa Lotirchio mentre ogni errore di gestione del presidente si trasforma in pretesto per aizzare il resto della piazza. Dal caso Pandev a quello relativo a Zarate, dalla cessione di Hernanes al mancato acquisto di Astori. Tutto sembra ritorcersi contro Lotito che nel frattempo prosegue a testa alta per la sua strada.

LA RIVINCITA DI LOTITO – Oggi Lotito non può che essere soddisfatto per il percorso intrapreso da patron della Lazio. Il tanto bistrattato presidente non solo ha evitato il fallimento del club capitolino ma al contempo è riuscito a rimettere in sesto un bilancio disastroso effettuando anche diverse operazioni di mercato a cinque stelle. Gli arrivi a costi contenuti di Felipe Anderson e Klose portano la firma del duo Lotito-Tare esattamente come la volontà di puntare sul giramondo Candreva, presto divenuto punto fermo della rosa biancoceleste. E ancora, la scelta di gettarsi sull’olandese De Vrij piuttosto che su Astori è un’altra piccola soddisfazione di cui può vantarsi Lotito nei confronti dei suoi contestatori. Nel complesso impressiona anche la crescita esponenziale del valore di certi giocatori: basso al momento dell’acquisto, decisamente cresciuto grazie alle prestazioni della squadra nell’attuale presente. Utilizzando il supporto del sito Transfermarkt ecco le plusvalenze più importanti realizzate dalla Lazio in chiave mercato. Il già citato De Vrij è stato pagato poco più di 7 milioni di euro mentre adesso il prezzo del suo cartellino si aggira intorno ai 12,5 milioni di euro; Biglia, acquistato dall’Anderlecht per 8 milioni raggiunge, più o meno, la stessa cifra del difensore. Arriviamo poi all’uomo del momento, quel Felipe Anderson prelevato per una cifra compresa tra i 7,5 e i 9 milioni di euro che oggi sfiora i 40. Che dire poi del giovane Cataldi, proveniente dalla Primavera e oggi presenza fissa in prima squadra? O di Parolo, strappato a una feroce concorrenza? Non bisogna poi dimenticarci di Candreva: l’esterno fu prelevato in prestito dall’Udinese nel 2012 per 500 mila euro e poi riscattato un anno più tardi per 10,5 milioni. Attualmente Candreva vale 25 milioni di euro. Tutta farina proveniente dal sacco di Lotito.

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