Milan, che paradosso per Pato: è meglio di Ibra ma gioca poco…

MILAN PATO IBRAHIMOVIC – C’è una frase molto indicativa detta da Allegri su Pato al termine di Chievo-Milan: «Con la serenità che sta ritrovando, riuscirà a riconquistarsi un posto in squadra» . Alla luce delle ultime scelte del tecnico potrà sembrare un’ovvietà, ma il senso della dichiarazione è un’implicita ammissione: in questo momento il brasiliano è un attaccante di scorta. E quindi dovrà lottare per riprendersi la maglia da titolare. Quello che sembrava destinato a durare come eterno ballottaggio con Cassano, all’improvviso appare gerarchia che prende forma: al momento la mission prioritaria sembrerebbe quella di portare il barese in condizione (dalla quale a Verona ha dimostrato di essere ancora lontano). Ora la domanda è: la gerarchia resterà tale anche dopo la partita del Bentegodi? Risposta continua Domanda da un milione di dollari da girare ad Allegri. Certo è che i tre punti in Veneto sono arrivati grazie a un’invenzione del Papero. E altrettanto certo è che i numeri del brasiliano continuano a essere i migliori di tutti gli attaccanti attualmente a disposizione di Allegri (in realtà l’intero reparto ha il suo re in Pippo Inzaghi, fermo però a 8 presenze complessive). Il tecnico rossonero non ha mai avuto dubbi sulle capacità realizzative di Pato. Piuttosto non lo reputa ancora maturo sotto altri aspetti, che si possono riassumere in quattro voci: intensità in allenamento, intensità in partita, spirito di sacrificio, funzionalità ai compagni di reparto. Situazioni, le prime tre, dove Allegri esige una risposta continua nel tempo e non soltanto a intermittenza. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, la funzionalità (riferita in massima parte a Ibra), ci sarà da lavorarci su energicamente: anche perché Pato— a differenza di Cassano che per natura alza la testa e cerca il compagno — essendo un attaccante puro è portato istintivamente a puntare la porta più che cercare il dialogo. Marziano Quando succede come a Verona, è un trionfo di tecnica e utilità alla causa. Come tutte le punte Pato vive per il gol e fatica a capire perché uno con la sua media realizzativa debba essere confinato in panchina. I numeri sono dalla sua parte. In campionato 10 gol in 16 partite (964 minuti in campo) equivalgono a 1 centro ogni 96 minuti: praticamente uno a partita. Roba da extraterrestri. I compagni di reparto, che non si può certo dire vadano male, in confronto arrancano: Robinho uno ogni 161 minuti, Ibra ogni 162 e Cassano (Samp compresa) ogni 203. La classifica non cambia allargando il discorso all’intera stagione: Pato (12 gol in 22 gare, 1.319 minuti in campo) comanda con 1 rete ogni 110 minuti, seguito da Ibra (ogni 153), Robinho (197) e Cassano (257). Intensità Eppure tutto questo non è sufficiente. Non lo è per Allegri ma d’altra parte qualche motivo ci sarà se nonostante questi dati il Papero è l’unico Per ora il brasiliano è l’attaccante di scorta: l’obiettivo è far tornare in condizione Cassano degli attaccanti a presentare una media voto insufficiente sia in campionato (5,83) che nell’intera stagione (5,76). Questa è senz’altro una buona parte di spiegazione per cui il brasiliano ha trascorso in panchina più minuti di tutti gli altri: 566 in Serie A, 751 coppe comprese. In campionato il piatto piange se raffrontato allo stesso periodo delle stagioni precedenti: i 964 minuti in campo (11 gare da titolare) sono ben inferiori rispetto ai 1.373 del 2009-10 (14 da titolare) e i 1.513 del 2008-09 (18 da titolare). A Pato non resta che lavorarci su con quell’intensità che vuole Allegri: è la formula dell’intoccabilità.

Fonte: Gazzetta dello Sport

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